La scuola riparta dagli studenti
Il 22% dei ragazzi non riesce a conseguire il diploma
Settembre è il mese del back to school, ma dove sta andando la nostra scuola? Come la abitano i nostri ragazzi?
L’ultimo rapporto Ocse in Italia attesta al 22 per cento la percentuale dei giovani che non riescono a conseguire il diploma.
Un dato che vede il nostro Paese nelle retrovie delle classifiche europee. In generale, la media continentale relativa all’abbandono scolastico è meno impattante rispetto a quella nostrana, mentre la qualità formativa italiana mantiene un livello di qualità mediamente superiore.
Ciò detto, la nostra didattica non risponde pienamente all’esigenza di quegli studenti che preferiscono iniziare il proprio percorso lavorativo senza passare dalle università.
Mai come oggi, il perdurare della crisi socio economica determina un rapporto sempre più spesso tra scuola e lavoro.
Valori come “stabilità economica” e termini quali “potere d’acquisto” fanno breccia nel lessico di un mondo che continua a discutere – e far discutere – su temi irrisolti quali gli stipendi docenti e l’accesso al mondo del lavoro.
La scuola italiana è ancora arrovellata su se stessa, usata e abusata da un dibattito politico superficiale e polarizzato. Una logica propagandistica che non guarda alla centralità di ogni contesto educativo: i ragazzi.
I Neet: rinunciano allo studio e al posto di lavoro
Da qui, a cascata, parte lo scollamento tra la dimensione istituzionale e quella generazionale.
Una distanza che, anno dopo anno, a prodotto degli effetti sociali evidenti, come l’aumento dei Neet, ovvero di quei soggetti che rinunciano sua allo studio sia alla ricerca di un posto di lavoro.
Secondo i numeri riposati dall’Ocse, questa condizione interessa una fascia di età sempre più alta, tra 15 e i 34 anni. Oltre il 28 per cento dei nostri giovani presenta questa condizione, contro il 12 per cento circa del resto dei Paesi europei.
Ma i numeri servono a poco, se non riusciamo ad immergerci in quel mondo sommerso chiamato adolescenza.
Questa instabilità non aiuta, ma se considerassimo il punto di vista dei ragazzi, se ripartiamo dai loro bisogni, dalle ansie e dalle incertezze che contraddistinguono le nuove generazioni, sarebbe più facile mettersi in ascolto e costruire soluzioni e programmi più concreti ed efficaci.
Pepita riparte dai sentimenti, dai valori e dal dialogo per ritrovare la connessione con i ragazzi.
La chiave per entrare in questa Atlantide, in cui abbiamo confinato gli studenti, è proprio il recupero di quella funzione educativa che non può prescindere da ogni offerta formativa.
Forte di 20 anni dentro il mondo dei ragazzi, nelle scuole, negli oratori e a servizio delle famiglie, Pepita ha deciso di mettere al centro della sua proposta educativa il concetto di E-mozione.
Strumenti, laboratori e testimonianze a supporto di tutti i contesti educativi, per aiutare la futura classe dirigente a gestire le paure, le aspettative verso il futuro dei teenager.
Ripartire dai sentimenti, dai valori e dal dialogo è inevitabile per ritrovare la connessione con i ragazzi.
Un passaggio fondamentale per tutta la comunità educante, richiamato dallo speciale di Famiglia Cristiana, che ha preso ad esempio il modello Pepita per mettere un freno al degrado giovanile raccontato dalle cronache e osservato dalle istituzioni nella logica dell’emergenza e con un approccio repressivo.
Al di là di ogni legittimo punto di vista, nessuna ricetta politica o amministrativa può prescindere dalla prevenzione.
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