Succede anche in questi tempi, ma sempre più di rado. Con la bella stagione le imposte di una finestra sbattono contro la facciata, alzi la testa e puntualmente vedi una madre che richiama alla finestra di un palazzo i propri figli, esortandoli a raggiungerla per la cena.
Scorci di un passato sempre più sfocato nei ricordi, quelli dei giochi in cortile, delle chiacchierate sulle panchine tra amiche e delle immancabili rincorse, in bicicletta o dietro a un pallone.
La difficoltà di uscire dalla comfort zone, anche con la bella stagione
Gli spazi verdi, i giardini e le piazze delle nostre città si vestono di profumi e colori che aspettano solo di essere vissuti. Eppure i ragazzi escono sempre meno dalle loro stanze, ormai le comfort zone della Generazione Z.
Una eredità della lunga pandemia che ci siamo lasciati alle spalle? Non esattamente. Di certo le restrizioni imposte dalle contingenze in ambito sanitario avevano privato di alternative milioni di giovani, provocando smarrimento soprattutto nei più piccoli. Da qui la possibilità di evadere da un contesto complesso, senza precedenti per la sua indeterminatezza, grazie alla tecnologia.
Più che una scorciatoia, un vero e proprio portale dove giocare, chattare, guardare contenuti e restare in contatto con gli amici. Viaggiare nella Rete come Ariosto viaggiava con i libri e le mappe geografiche: senza muoversi. Se gli atlanti del Poeta potevano essere chiusi, la rete non finisce mai e non si spegne neppure durante quelle poche ore nelle quali non sei più connesso. Tanto con lo scrolling si recupera tutto.
Un’abitudine cominciata prima della pandemia
Un tempo nuovo, sospeso, nel quale i nostri figli si stavano abituando a vivere, ben prima dell’ondata pandemica.
Anno dopo anno le ginocchia si sbucciavano sempre meno, fino a non rendere più necessario affacciarsi da una finestra per capire dove si fosse cacciato il proprio figlio.
Oggi il più delle volte lo si trova in camera sua, a giocare online con un videogame o immerso nei social con lo smartphone in mano. È lì, sul suo letto, ma in realtà è altrove, a zonzo in quel mondo digitale che, ora dopo ora, si è preso tutto il pomeriggio.
Intanto la bella stagione scorre dalla finestra come una serie di una piattaforma streaming.
Una routine comune a molti, troppi ragazzi, in larga parte connessi più di 8 ore al giorno
senza contare le ore passate a scuola, dove si presume che l’uso dei device sia concesso solo ad uso didattico.
L’opportunità della gita scolastica
Proprio la scuola, in questo periodo, svolge un ruolo fondamentale per aiutare gli studenti ad alzare lo sguardo dal solito smartphone.
L’ultimo trimestre dell’anno scolastico è caratterizzato dalle uscite, dalle gite o, addirittura, dai viaggi studio. All’estero, in Italia o nella propria città, queste esperienze aiutano i ragazzi a connettersi con il mondo che li circonda.
Secondo gli esperti, una semplice gita scolastica stimola in loro domande e riflessioni su argomenti nuovi e consente di approfondire la conoscenza di realtà sconosciute.
Al di là della destinazione, è il viaggio in sé ad aprire nuovi orizzonti sul futuro dei nostri ragazzi. In queste occasioni hanno la possibilità di conoscersi in un altro contesto, rafforzando le dinamiche relazionali tra pari e con gli insegnanti, fuori dall’esperienza scolastica tradizionale e, perché no, senza dover mettere un like.
La bella stagione, per dare inizio ad una nuova partita
Le gite scolastiche, come gli oratori, i campi estivi, le attività sportive e ricreative, sono una grande occasione per andare a prendere questi ragazzi, che spesso abbandoniamo a se stessi e ai loro avatar digitali.
E se fossimo noi a dare il calcio di inizio di una nuova partita? Una di quelle vere, che si gioca con i piedi, non con i pollici su un joystick.
Un concerto, un picnic o una semplice passeggiata possono rappresentare quella chiave d’ingresso per tornare a condividere in famiglia la bellezza dello stare insieme e a riconoscersi in un sorriso alla luce del sole.