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Dalla gioventù bruciata ai ragazzi del “branco”, dalle bande giovanili alle manifestazioni studentesche, dai paninari agli hippy e ora le baby gang. Da che mondo è mondo gli adulti hanno sempre cercato di catalogare le nuove generazioni dentro una definizione. Una soluzione, più comoda che efficace, per gestire ciò che non si conosce o, per dirla tutta, che non si vuole comprendere.

Il “fenomeno” delle baby gang

Ed ecco che il termine baby gang diventa il paravento per banalizzare un fenomeno che istituzioni e amministrazioni fanno finta di non vedere, da anni. Le cronache di questi giorni raccontano di petardi scagliati contro i passanti, di furti e danneggiamenti nei frutteti, di atti vandalici nei confronti dei giochi per bambini all’interno di un parco pubblico. E ancora schiamazzi, disturbi alla quiete e danneggiamenti al patrimonio pubblico.

La criminalizzazione del fenomeno delle baby gang

Non si tratta di semplici ragazzate, ma questi episodi non possono essere assimilabili alle rapine e alle minacce, sempre da parte di 14 anni, con tanto di coltello di 10 centimetri. Un fatto, quest’ultimo, talmente grave da spingere alcuni genitori della periferia di Milano a costituire dei comitati di quartiere. Due piani diversi, certamente figli dello stesso tempo, ma non sovrapponibili, se non in una logica di prevenzione.

Associare il disagio e il degrado giovanile alla criminalità e alla violenza dei “Guerrieri della notte” o di “Arancia meccanica” non è solo stupido, ma pericoloso.

Perché da una parte confonde i cittadini e le comunità locali, dall’altra non fa altro che deresponsabilizzare la nostra società sul piano dell’educazione, dell’ascolto e del dialogo con le nuove generazioni.

Adulto: cosa puoi fare tu

Cosa può fare un adulto? Bisogna interrogarsi du questi punti:

  • Quali certezze, prospettive e opportunità stiamo consegnando ai nostri figli?
  • Ci stiamo davvero occupando di loro o, più semplicemente, lasciamo che trovino da soli la strada per diventare grandi?

Un percorso di crescita che, nella pratica di tutti i giorni, viene impostato come un navigatore dal web e dai social network, in totale autonomia rispetto ai genitori.


E se riprendessimo per mano questi nostri ragazzi? Se iniziassimo un dialogo, facendoci prima di tutto silenzio e ascolto, sui loro sogni e le loro paure? Se costruissimo delle alternative al bighellonare dopo la scuola o durante le lunghissime e vuote estati nelle metropoli?

Le chiavi di quel futuro che, a parole, promettiamo di consegnare ai giovani sono sempre nelle nostre tasche, perché l’attuale classe dirigente intende continuare a guidare, anche quando dovrebbe fare posto e assumere quel ruolo fondamentale di navigatore, che le generazioni precedenti hanno rappresentato in passato.

Invece, nel viaggio della vita moltissimi giovani, dai pre adolescenti fino ai trentenni, restano intrappolati nel ruolo di passeggeri; senza decidere, senza svoltare, senza sbagliare e ripartire.

Una visione del futuro quasi inevitabile, se non agiamo sul presente facendo leva su quei presidi educativi che da troppo tempo chiedono di essere aggiornati e supportati o, forse, completamente ripensati. Scuola, servizi alla famiglia, spazi e risorse per bambini e ragazzi; nuove attività extra scolastiche e, soprattutto, un nuovo tempo verbale: perché il presente è l’unica strada possibile verso il futuro.

di Ivano Zoppi

Presidente Pepita Onlus

Crediti foto: Photo by Tim Marshall on Unsplash