Continua il progetto #SeSonRose con il suo terzo aggiornamento.
Altro che mimose!
Il valore della parità di genere non è solo un semplice omaggio alle donne, ma riguarda i diritti di tutti.
SE SON ROSE è il percorso di educazione al rispetto di genere e di prevenzione alla violenza sostenuto da Fondazione Comunità Novarese Onlus e sviluppato da Pepita in due Istituti Comprensivi, a Novara e Borgomanero.
È questa la differenza tra sensibilizzare ed educare.
Una ricorrenza può essere utile ma non basta, se ancora oggi vi sono pregiudizi che spingono taluni a qualificare le donne come “sesso debole” e si traducono in discriminazioni tanto anacronistiche quanto inaccettabili come, ad esempio, la disparità salariale.
Violenza economica, molestie, stalking, preclusione alle donne che aspirano a posizioni apicali nelle istituzioni e nella società civile, sono malattie dalle quali possiamo guarire soltanto con il contributo fondamentale delle nuove generazioni.
#SeSonRose rimette al centro della formazione l’ascolto, accompagnando i ragazzi lungo un ragionamento autonomo. Un percorso alla scoperta delle parole, dei sentimenti e dei comportamenti – collettivi e individuali – da attuare a prevenzione della violenza di genere in ogni sua forma.
In questi mesi, i giovani studenti delle classi destinatarie del progetto lavorano con gli educatori, psicologi e pedagogisti di Pepita per sviluppare dentro di sé la consapevolezza di quanto stereotipi e pregiudizi di genere costituiscano il terreno fertile per la violenza di genere.
I ragazzi, con giochi di gruppo dinamici e coinvolgenti hanno preso coscienza delle conseguenze che banali modi di pensare “automatici” possono avere nel rispetto verso se stessi e gli altri: falsi miti su donne e uomini nella società; identità di genere e orientamento sessuale, violenza fisica e psicologica.
Per far riflettere criticamente su situazioni che spesso vengono date per scontate, “normali” e tollerate, i formatori hanno mostrato foto e video, chiedendo di mostrare il pollice verso l’alto o verso il basso, a seconda del giudizio sul contenuto proposto.
Il percorso formativo continua poi con la condivisione della definizione di violenza di genere e delle varie tipologie specificate dalle Nazioni Unite nel 1993 – “…ogni atto di violenza fondato sul genere che comporti o possa comportare per la donna danno o sofferenza fisica*, psicologica o sessuale, includendo la minaccia di questi atti coercizione o privazioni arbitrarie della libertà, che avvengono nel corso della vita pubblica o privata” – ma il suo sviluppo è integrato anche da riflessioni attuali, come quelle sul sexting, tra possibilità di esprimere l’intimità anche nel digitale e terreno fertile per la violenza.
Per sviluppare, infine, l’empatia i giovani sono aiutati a lavorare sul principio di immedesimazione da applicare in ciascuna relazione, anche online. Se ci mettiamo nei panni degli altri nessuno può sentirsi immune alle discriminazioni. Un passaggio necessario per essere realmente sensibilizzati su come comportarsi in caso di episodi di cui si è testimoni.
La grande parte dei giovanissimi non avverte differenze di sorta tra sessi, a tal punto da aver imposto alla società la cultura “gender fluid”, intesa come libertà di espressione e non come preferenza sessuale. Forse, l’unico modo per mettere fine a pregiudizi che portano a violenza e discriminazione, è seguire l’esempio di chi, come le nuove generazioni, riesce a vedere un mondo completamente nuovo, dove la bellezza di ogni persona non può essere confinata ad una mera categoria.
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