L’esperienza di Pepita
Stiamo assistendo a un’altra chiusura delle scuole, che impatto emotivo e psicologico avrà sui nostri ragazzi? Nella Fase 1, Pepita ha realizzato un sondaggio online attraverso il quale potessimo imparare dai ragazzi stessi, ascoltando il loro stato d’animo, i loro bisogni e le loro richieste. Per poterli poi aiutare e supportare, in qualità di educatori ci siamo chiesti come stessero realmente vivendo il distanziamento sociale e fisico tra loro e come potessimo continuare ad essere un reale supporto nella loro crescita.
La chiusura delle scuole
La scuola è sempre stata il luogo della socialità, un luogo in cui i ragazzi sanno di potersi vedere, abbracciare, parlare e confrontarsi, tutti i giorni. Con il lockdown della passata primavera e la semi-chiusura che gli studenti vivono adesso, la quotidianità affettiva è venuta meno: la DAD sopperisce alla didattica, ma non alla dinamica sociale e relazionale di cui un giovane ha bisogno per crescere in maniera sana.
La voce dei ragazzi
Che effetti ha sul ragazzo, come vive questo distanziamento, come possiamo aiutarlo? Pepita, nell’Aprile 2020, ha selezionato un campione di preadolescenti e adolescenti, residenti in diverse località del territorio italiano e ha chiesto loro come vivessero quel periodo così arduo. Il questionario era composto da una scala per misurare il livello di stress psicologico, nelle dimensioni di stress, ansia e depressione (DASS-21, Depression Anxiety Stress Scales-21, nella versione italiana validata da Bottesi et at, 2015) e alcune domande sulle loro abitudini.
Che cosa siamo riusciti a scoprire? A differenza di molti adulti, nel corso del lockdown i ragazzi hanno mostrato un atteggiamento positivo, i test hanno rilevato alte percentuali di risposte che indicano uno stato d’animo sano. I nostri giovani hanno concretamente sviluppato la famosa “resilienza”, hanno trovato il modo di non farsi sopraffare dal problema. ma adattarsi e stare il meglio possibile, superando gli stereotipi.
L’analisi dei dati
Ciò che è emerso dal punto di vista psicologico è il seguente quadro: I punteggi della scala DASS-21 rivelano come in tutte e tre le dimensioni esplorate la maggior parte dei ragazzi abbia presentato un livello normale di funzionamento. Nello specifico, per la dimensione dell’ansia vediamo che l’84,4% si colloca a un livello di normalità (nessuno stress patologico), il 6,7% mostra un livello di stress leggero, il 7,8% un livello di stress moderato e solo l’1,1% un livello di stress grave, nessuno a livello molto grave.
Per la dimensione della depressione, l’83,3% si colloca nel livello di normalità (nessun segnale di depressione), il 10,4% al livello di depressione leggera, il 5,9% a livello moderato, solo lo 0,4% a livello grave e nessuno a livello molto grave.
Per la dimensione dello stress i dati sono ancora migliori: il 94,1% si colloca a livello di normalità (nessun segnale di stress patologico), il 4,4% al livello di stress leggero, l’1,5% a livello di stress moderato, nessuno a livello grave o molto grave.
Conclusioni
Nel prossimo articolo, esporremo anche il loro modo di vivere la quotidianità. Con questi dati possiamo intanto trarre alcune riflessioni. Non ultima, quella che, a volte, adulto e giovane possono crescere ed educarsi reciprocamente, insieme. Ascoltare il ragazzo dà l’opportunità di ricevere insegnamenti, come quello della resilienza.
In situazioni normali, ma ancora di più in quelle eccezionali, come la chiusura scuole, ogni adulto che abbia un ruolo educativo (dal professionista al genitore) è chiamato a rinnovare la sua vicinanza, a promuovere il dialogo, a informarsi e a voler conoscere senza pregiudizio le abitudini dei ragazzi. A saper trovare la giusta distanza affettiva ed educativa, quella che permette ai ragazzi di essere e sentirsi protetti (e non ossessivamente controllati) e per questo di poter esplorare il proprio Sé e il mondo con gli strumenti -interni ed esterni- adeguati al difficile compito di crescere.
Il compito di crescere è difficile, ma altrettanto difficile è il compito di aiutare a crescere. Il nostro ruolo educativo, soprattutto in questo momento storico, viene profondamente messo in crisi. Ma non possiamo abbatterci e rinunciare o, forse peggio, fare “quel che si può” senza una progettualità e una riflessione. È un obiettivo arduo che richiede grande coraggio, il coraggio di educare. Un coraggio che non può essere del solo “io”, il coraggio che è del “noi”. Un coraggio che si costruisce insieme: azioni che ci costruiscono, ci danno forza e che ci fanno raggiungere l’altro lì dov’è per portarlo, e portarci, verso la meta.
Testo tratto dalla pubblicazione Pepita “Cor Habeo – Il coraggio di educare” – Progetto a cura di: Marco Bernardi, Ivano Zoppi
Versione integrale scaricabile gratuitamente.